«[…] primi anni Sessanta del Novecento. San Morello già era passato sulle cronache italiane e internazionali come “vergogna d’Italia” perché priva di ogni collegamento con gli altri centri collinari e con la zona litorale, distante circa 6 chilometri, ma anche per la mancanza della luce elettrica, dell’acquedotto, di servizi igienici, un negozio, un medico; per l’arretratezza, l’isolamento e la miseria indicibile della popolazione di circa 700 anime […] Con uno scatto di dignità, gli abitanti di quel paese senza strada decisero di disertare in massa le urne alle consultazioni elettorali […] La protesta, unita al libro-denuncia (Tam Tam in Calabria, 1963) del giovane giornalista Franco Scillone, portò San Morello all’attenzione del Ministro dei Lavori Pubblici Giovanni Pieraccini; ci furono interpellanze parlamentari, discussioni nelle aule universitarie e lo stesso Ministro, a piedi […] accompagnato dai sanmorellesi raggiunse quell’angolo remoto di Calabria, vedendo, promettendo e poi realizzando opere pubbliche come quella via d’accesso che, per una comunità contadina arcaica era soprattutto il diritto all’altrove, a un’altra possibilità […]» (Assunta Scorpiniti, San Morello, il paese del silenzio, in «Il Quotidiano del Sud» del 5 Ottobre 2014)
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Giuliano e Cesare Di Cola
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